Il 9 luglio 1727, alle 3.30 del mattino, nella clausura di Città di Castello, moriva in fama di santità una delle più straordinarie mistiche della storia della Chiesa: suor Veronica Giuliani, cappuccina, stigmatizzata, badessa e santa. Ma dietro la straordinarietà dei fenomeni mistici, c’è un cuore totalmente conforme a Cristo per mezzo di Maria, e un modello di vita religiosa che oggi può ancora scuotere, purificare e ispirare.
La “figlia diletta” dell’Immacolata
Fin dalla sua infanzia, Orsola Giuliani – questo il suo nome di battesimo – manifestò una particolare attrazione per la Madonna. La sua spiritualità mariana non era fatta di esteriorità devozionali, ma di un’intima conformazione al Cuore di Maria. Nei suoi Diari scrive:
“La Vergine SS. mi fece intendere che voleva essere la mia vera Madre e Maestra,
e che io dovevo imparare da Lei tutto, ma proprio tutto, per diventare una cosa sola con Gesù.”
Non si tratta di un privilegio sentimentale, ma di un progetto pedagogico: Maria è la forma Christi, come dice san Luigi Maria Grignion de Montfort, ed è lei che scolpisce Cristo nell’anima del consacrato. Veronica visse ogni fase della sua vita religiosa nella forma mariana, imparando da Maria la disponibilità, l’obbedienza, la custodia del silenzio, la forza nella sofferenza.
Oggi, nella vita religiosa, spesso si cerca “la propria via”, “il proprio stile”. Veronica non ha cercato se stessa, ma si è lasciata trovare da Maria, e per questo ha trovato Cristo crocifisso e glorioso. La sua attualità sta nel ricordarci che non c’è rinnovamento religioso senza passare per le mani della Madre.
Una vita religiosa “esagerata”?
Molti, leggendo la sua vita, potrebbero considerarla un modello “eccezionale”, “non imitabile”: notti intere in preghiera, digiuni rigorosissimi, penitenze tremende, flagellazioni, stimmate, visioni, estasi, persecuzioni interiori, indagini canoniche, sofferenze fisiche e spirituali inaudite… Eppure, Veronica Giuliani non è una santa da museo. È una sorella maggiore che ci insegna che l’amore è eccessivo, perché Dio lo è.
In tempi in cui si tende a minimizzare l’ascesi, a ridurre la vita religiosa a un equilibrio benessere-lavoro-preghiera, Veronica scuote la coscienza: il consacrato non è uno che fa qualcosa di buono per Dio, ma uno che si lascia bruciare da Lui. La penitenza non è un “retaggio medievale” ma, in Veronica, è linguaggio d’amore: ella scrive di voler “soffrire, amare e tacere”, perché la Croce, lungi dall’essere sadismo spirituale, è il grembo da cui rinasce la nuova creatura.
Per i religiosi di oggi – frati, suore, monaci – questo è un monito: non c’è autenticità vocazionale senza spirito di sacrificio. Non c’è intimità con Dio senza combattimento. La vita religiosa, se non è offerta, diventa sopravvivenza.
L’attualità di un cuore trafitto
Nel 2025 celebreremo il Giubileo con il motto Spes non confundit. Santa Veronica Giuliani, il cui cuore fisico mostrò, all’autopsia, segni incisi della Passione, è un segno profetico di quella speranza che nasce dal cuore trafitto del Redentore. La sua unione mistica con Cristo non è fuga dalla realtà, ma immersione totale nella realtà della redenzione. E questo oggi è più che mai urgente.
In un mondo che disprezza la fragilità, Veronica ci insegna che la fragilità accolta e offerta è grazia. In una cultura della maschera, lei ci insegna il volto trasfigurato dalla verità. In una Chiesa che ha bisogno di santi più che di manager, Veronica ci ricorda che l’unica strategia pastorale vincente è lasciarsi consumare per amore.
Con Maria, da Cristo ai fratelli
Veronica fu badessa, maestra di novizie, guida spirituale. Amava le sue consorelle concretamente, correggeva con fermezza, ma sempre in ginocchio davanti al Signore. La sua unione con Maria non era intimismo, ma canale di intercessione per tutta la Chiesa. Morì consumata, ma felice. Le sue ultime parole furono:
“Ho trovato l’Amore, e l’Amore si è lasciato trovare.”
Oggi, più che mai, la vita religiosa ha bisogno di donne e uomini che non cerchino il protagonismo, ma il nascondimento mariano; non il consenso del mondo, ma la verità del Vangelo; non la sicurezza, ma la Croce.Veronica Giuliani è una di questi. O meglio: una che non ha voluto essere nulla per diventare tutto in Dio.
Il 9 luglio non è solo la sua festa liturgica: è un appello. Un richiamo. Una voce che, da una cella francescana, parla ancora al cuore dei consacrati e delle consacrate di oggi: “Fatevi piccoli, fatevi fuoco, fatevi uno con Maria. E Cristo farà grandi cose.”
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