Il titolo di Maria Regina appartiene da secoli al linguaggio della fede e della pietà. Lo incontriamo nei canti liturgici – Salve Regina, Regina coeli – come pure nell’arte, dove la Vergine appare incoronata accanto al Figlio. Eppure, dietro queste immagini devozionali si nasconde una verità teologica di grande profondità: Maria è Regina perché è Madre del Re Messia, Gesù Cristo, e perché partecipa in modo unico alla sua vittoria pasquale.
Non si tratta, evidentemente, di una regalità terrena. La Scrittura non chiama mai Maria “Regina”, ma pone le basi perché la comunità cristiana lo faccia. Nell’Antico Testamento, la madre del re era la gebirah, la grande signora che sedeva alla destra del figlio ed era ascoltata come interceditrice. Nel Vangelo di Luca, l’angelo annuncia a Maria che il suo Figlio regnerà sul trono di Davide. Nell’Apocalisse, la Donna vestita di sole e coronata di dodici stelle è simbolo della Chiesa e della Madre gloriosa.
Queste radici bibliche hanno fiorito nella storia della Chiesa. I Padri la chiamano Theotokos, Madre di Dio; san Bernardo la invoca come Regina misericordiae; Duns Scoto sottolinea che la sua dignità supera quella di ogni creatura. La liturgia bizantina canta Maria come Basilissa, Regina. Nel 1954, Pio XII con l’enciclica Ad Caeli Reginam ha raccolto questa tradizione e l’ha sistematizzata, indicando quattro motivi per cui Maria è Regina: la sua maternità divina, la cooperazione alla Redenzione, la perfezione delle sue virtù, la glorificazione in cielo. Da allora, il 22 agosto, all’ottava dell’Assunzione, la Chiesa celebra la festa di Maria Regina.
Questa regalità, però, non è un privilegio isolato, ma un riflesso diretto della regalità di Cristo. Maria regna perché Cristo regna. Non si tratta di due poteri paralleli: la dignità di Maria è tutta derivata dal Figlio, eppure reale, perché nella comunione con lui ella partecipa della sua signoria sull’universo.
Il senso ultimo della corona di Maria è escatologico. In lei la Chiesa contempla ciò che sarà: la creatura che ha detto il suo “sì” fino in fondo ora siede gloriosa accanto al Figlio. La Donna coronata dell’Apocalisse è perciò un segno di speranza: la storia, pur attraversata da guerre e violenze, ha già un destino di vittoria. Guardando a Maria, la comunità cristiana ritrova il coraggio di credere che il male non avrà l’ultima parola.
Ma che significa oggi, nel nostro tempo, invocare Maria come Regina? Non certo immaginare una sovrana di corte. La sua regalità è quella del servizio. Il Magnificat lo dice con chiarezza: Dio innalza gli umili e rovescia i potenti. Maria regna perché ha servito; è Regina perché ha scelto l’obbedienza della fede, non l’ambizione del potere.
Ecco allora tre aspetti attuali. Anzitutto, Maria è Regina della pace. In un mondo insanguinato da conflitti, la sua regalità non si esprime con le armi ma con la capacità di generare riconciliazione. Poi, è segno della dignità della donna: la corona sulla sua testa è la profezia di una femminilità capace di influenzare la storia senza perdere la sua umiltà. Infine, Maria Regina è monito contro ogni tentazione di “cristianesimo politico”, contro chi vorrebbe trasformare il Vangelo in bandiera di dominio: la vera regalità mariana è universale, aperta a tutti, segno che la fede non si piega a logiche di potere.
In definitiva, Maria Regina è icona di ciò che la Chiesa è chiamata a diventare: un popolo che regna con Cristo non grazie alla forza, ma all’amore. La sua corona non è fatta di oro e pietre preziose, ma di lacrime e fedeltà, di umiltà e di gioia. È la corona di chi non ha mai smesso di credere.
Guardare a Maria Regina non significa rifugiarsi in un mito antico, ma scorgere in anticipo il futuro che ci attende: un Regno di giustizia e di pace. E scoprire che, già oggi, la vera grandezza è servire.
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