Maria Madre di Dio, icona della pace possibile

Dicembre 31, 2025

Non è casuale che la Chiesa celebri il 1° gennaio la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e, nello stesso giorno, la Giornata Mondiale della Pace. Non si tratta di una semplice sovrapposizione di calendario, ma di una scelta teologica profonda, che affonda le radici nel mistero dell’Incarnazione e nella responsabilità storica dei credenti.

Maria è Madre di Dio perché il Figlio che porta nel grembo è vero Dio e vero uomo. Questa verità, solennemente proclamata dal Concilio di Efeso nel 431, non riguarda solo la mariologia, ma tocca il cuore della fede cristiana e, insieme, la possibilità stessa della pace nel mondo. Se Dio entra davvero nella storia, se assume la carne fragile dell’uomo, allora la violenza non è più l’ultima parola e il conflitto non è un destino inevitabile.

A Efeso, città attraversata da tensioni culturali, religiose e politiche, la proclamazione di Maria come Theotókos fu accolta da una gioia popolare incontenibile. Le cronache raccontano di una folla che accompagnò i Padri conciliari con fiaccole accese, cantando e lodando Dio. Non era entusiasmo ingenuo: il popolo intuiva che quella definizione proteggeva qualcosa di essenziale per la vita concreta. Difendere l’unità della persona di Cristo significava affermare che la storia umana non è abbandonata a forze cieche, ma abitata da una presenza che salva e riconcilia.

Da Efeso, questo messaggio giunge fino a Roma, dove Papa Sisto III volle edificare la Basilica di Santa Maria Maggiore come risposta visibile al Concilio. In una città simbolo del potere imperiale, la Chiesa colloca al centro una Madre con un Bambino. Non un trono, non un’arma, non un esercito, ma una maternità. È una scelta teologica e politica insieme: affermare che la pace nasce non dal dominio, ma dall’accoglienza; non dalla forza, ma dalla relazione.

I mosaici di Santa Maria Maggiore narrano l’infanzia di Cristo, il Dio che entra nel mondo nel silenzio, nella fragilità, nella dipendenza da una donna. È qui che la fede cristiana mostra il suo scandalo e la sua speranza: la pace di Dio non si impone, si offre. Non schiaccia, ma cresce come un bambino affidato alle mani dell’umanità.

Celebrare Maria Madre di Dio all’inizio dell’anno significa allora affidare il tempo che viene a questo mistero. Il “sì” di Maria, pronunciato a Nazaret, non è un gesto intimistico, ma una decisione storica. Con quel fiat, la speranza di Dio si intreccia con la speranza dell’uomo. Dio non entra nella storia senza il consenso di una creatura, e questo rivela che la pace non è mai un automatismo divino, ma una responsabilità condivisa.

Per questo la Giornata Mondiale della Pace, istituita da san Paolo VI, trova nel 1° gennaio la sua collocazione più vera. La pace non è solo un tema etico o diplomatico, ma una vocazione che nasce dall’Incarnazione. Maria, accogliendo il Figlio, mostra che la pace prende forma quando qualcuno accetta di farsi spazio per l’altro, di rinunciare al controllo, di custodire una vita che non gli appartiene.

Roma, città dei martiri Pietro e Paolo, custodisce questa memoria nella sua basilica mariana più antica. Santa Maria Maggiore diventa così una soglia simbolica: tra Efeso e l’oggi, tra dottrina e vita, tra fede e storia. Ogni 1° gennaio, passando idealmente sotto le sue volte, la Chiesa ricorda al mondo che non esiste pace senza verità, né futuro senza misericordia.

In un tempo segnato da guerre, strategie di potere e linguaggi violenti, Maria Madre di Dio continua a indicare una via diversa. Non nega il conflitto, ma lo attraversa con uno sguardo nuovo. Non promette soluzioni facili, ma una speranza affidabile. La sua maternità ricorda che ogni uomo, anche il più lontano, è un figlio; e che nessuna pace sarà autentica se dimentica questa origine.

Iniziare l’anno sotto il segno di Maria significa allora scegliere di credere che la pace è possibile. Non perché il mondo sia migliore, ma perché Dio ha deciso di abitarlo. E lo ha fatto passando per il cuore e la carne di una donna.

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