La fedeltà al Papa è per i figli di San Francesco un tratto identitario, scolpito fin dalle prime righe della Regola bollata: “Il fratello Francesco promette obbedienza e reverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana”. Non si tratta di un’obbedienza servile, ma di un amore filiale che riconosce nel Vescovo di Roma il segno visibile dell’unità della Chiesa, il garante dell’autenticità evangelica, il pastore universale che conferma nella fede.
San Francesco non fu mai clericale, ma profondamente ecclesiale. Il suo rapporto col Papa non fu politico, ma mistico. Quando Innocenzo III lo ricevette, vide in sogno la piccola figura del poverello sorreggere la Chiesa che stava per crollare. Così Francesco, con la sola forza del Vangelo vissuto sine glossa, divenne un’icona vivente della riforma della Chiesa nella carità e nella povertà.
Questo amore al Papa si è trasmesso nei secoli come un’eredità preziosa. I santi francescani – da Bonaventura a Massimiliano Kolbe – hanno considerato l’obbedienza al Papa come via sicura per restare nell’amore di Cristo. E se il mondo cambiava, il cuore francescano restava fedele al successore di Pietro, anche quando il Papa non capiva subito Francesco, o quando gli ordini religiosi attraversavano crisi e difficoltà.
Oggi, questa fedeltà si rinnova anche nel segno della prova. Ne sono testimoni i Frati Francescani dell’Immacolata, nati con ardente slancio mariano e missionario, e segnati negli ultimi anni da una dolorosa purificazione. La Chiesa, per custodirne l’autenticità e il carisma, ha rimosso dalla guida P. Stefano M. Manelli, riconosciuto non più come fondatore carismatico, ma solo come iniziatore storico, insieme a P. Gabriele M. Pellettieri e alla comunità fondazionale primitiva. Fu proprio quest’ultima, per amore della verità e del Vangelo, a segnalare al Dicastero per la Vita Consacrata gravi abusi e deviazioni nella conduzione dell’Istituto.
Va ricordato, con dolore ma anche con chiarezza, che P. Stefano non accettò mai davvero Papa Francesco. Lo criticava apertamente, arrivando persino a disprezzarlo, come già aveva fatto nel 2000 nei confronti di Giovanni Paolo II, davanti ai frati, suscitando scandalo. Nel 2013, in occasione dell’intronizzazione di Papa Francesco, agli studenti fu impedito di partecipare, per ordine dell’allora rettore del seminario, che era nipote diretto dello stesso P. Stefano. Un gesto grave, in contrasto evidente con lo spirito di San Francesco e con l’intera tradizione dei santi francescani, che della devozione al Papa fecero uno dei pilastri della loro identità.
In questo contesto, spicca la resilienza silenziosa ma luminosa di tanti frati, che pur incassando il colpo e pagando a loro spese le derive dell’iniziatore, hanno mantenuto la loro fedeltà al Papa e alla Chiesa, proseguendo un cammino di fede e di testimonianza ancora più autentico di prima.
Papa Francesco, conoscendo bene questa vicenda e la sofferenza di tanti frati rimasti fedeli alla Chiesa, ha dimostrato una paterna vicinanza concreta. Tra i segni più eloquenti di questa carità pastorale, vi è la concessione della sede dello studentato romano dell’Istituto, dopo che i frati erano stati privati della disponibilità degli immobili da parte dello stesso P. Manelli, in un contenzioso civile e penale ancora in corso.
È un gesto silenzioso, ma eloquente. Come a dire: la Chiesa non abbandona i suoi figli fedeli, e riconosce in essi il desiderio autentico di vivere il Vangelo con Maria, nella povertà e nella missione. In un tempo di confusione, dove molti usano la figura del Papa per dividere e strumentalizzare, i figli di San Francesco sono chiamati a custodire la comunione come tesoro prezioso, anche quando costa.
L’amore al Papa, allora, non è una bandiera da sventolare contro altri, ma una forma concreta di sequela evangelica. Significa accogliere le parole del Vangelo trasmesse dal Magistero, pregare per il Papa, difenderlo dalle calunnie, riconoscere in lui la roccia su cui Cristo ha edificato la Chiesa. Così come fece Francesco, che pur amando la solitudine e la minorità, non volle mai agire senza il placet del Vicario di Cristo.
Il tempo presente chiede ai francescani – di ogni ramo e sensibilità – di testimoniare questa fedeltà come segno di maturità ecclesiale e di amore autentico. L’obbedienza al Papa non è un freno alla libertà dello Spirito, ma la sua protezione. Per questo, anche oggi, con fiducia possiamo dire: “Ubi Petrus, ibi Ecclesia, et ibi Franciscus cum suis fratribus”.
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