Leone XIV, il papa “di più case” che invita a camminare insieme

Settembre 16, 2025

Considerazioni sull’intervista di Elise Allen a Leone XIV realizzata il 30 luglio 2025 e di prossima pubblicazione nel testo integrale per il giornale Crux.

«Sono americano, ma porto nel cuore il Perù, che è parte di me». Con queste parole, semplici e dirette, Leone XIV ha raccontato nella sua prima intervista la sua identità. Non un’etichetta, ma una biografia che è già programma: nato negli Stati Uniti, vissuto a lungo in Italia e in Perù, il nuovo papa si definisce “di più case”. E non è un dettaglio secondario: in un tempo in cui il mondo si divide facilmente in blocchi, il Pontefice propone se stesso come ponte.

La sua esperienza latinoamericana emerge subito. «Metà del mio ministero è stato in Perù» dice, riconoscendo di aver imparato lì una Chiesa popolare, missionaria, profetica. È lo stesso respiro che aveva animato Francesco, ma declinato con l’impronta agostiniana che caratterizza Leone XIV: attenzione all’interiorità, ascolto, discernimento.

Colpisce la franchezza con cui parla del papato come di una “curva di apprendimento”. Non si presenta come uomo che ha tutte le risposte, ma come pastore che impara camminando, fidandosi dello Spirito. È un’immagine nuova di leadership: non quella che ostenta potere, ma quella che mostra vulnerabilità come atto di fede.

Accanto alla dimensione spirituale, c’è il Papa che guarda al mondo. Riguardo all’Ucraina e agli altri conflitti, distingue tra il ruolo profetico della voce che invoca la pace e il compito concreto della mediazione, più difficile da esercitare. È il rifiuto della diplomazia da slogan: non neutralismo, ma realismo evangelico. La Santa Sede serve la pace non scegliendo una parte, ma ricordando a tutti che “basta uccidere, c’è un’altra via”.

Leone XIV non teme di nominare le radici della polarizzazione: la perdita del senso della vita, della famiglia e della comunità; e la forbice sempre più larga tra i super-ricchi e chi vive del proprio lavoro. «Se ciò che conta è solo accumulare denaro, siamo nei guai» ha detto, commentando le notizie su fortune miliardarie. È la Dottrina sociale della Chiesa resa attuale, senza tecnicismi ma con la chiarezza del Vangelo.

E poi c’è il cuore ecclesiale del suo pontificato: la sinodalità. Non un sistema parlamentare, non la riduzione dell’autorità, ma uno stile: ascolto reciproco, rispetto, corresponsabilità. «Non si tratta di perdere autorità, ma di ritrovare il vero senso dell’autorità», spiega. Una Chiesa “nostra”, dove ognuno ha un posto e una voce: vescovi, laici, missionari, famiglie. In un mondo lacerato, la sinodalità diventa anche un antidoto contro le polarizzazioni civili: un metodo che educa al dialogo e alla comunione.

Il tono leggero con cui ricorda di essere tifoso dei White Sox, ma cresciuto in una famiglia divisa tra tifosi dei Cubs, è in realtà un piccolo insegnamento. «In casa abbiamo imparato a non chiudere l’altro fuori, nemmeno nello sport». Una parabola domestica che diventa catechesi civile: non trasformare le differenze in muri.

Dall’Angelus del suo 70° compleanno alla lunga intervista, emerge l’immagine di un papa che non ha paura di dire “sto imparando”. E che invita la Chiesa e il mondo a fare lo stesso: imparare a costruire ponti, a custodire la speranza, a camminare insieme.

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