Il discorso che Leone XIV ha rivolto, il 18 settembre scorso, ai partecipanti ai Capitoli generali e alle Assemblee di alcuni istituti religiosi – tra cui i Frati Francescani dell’Immacolata – è una parola che interpella, consola e provoca allo stesso tempo. Non si tratta di una riflessione generica sulla vita consacrata, ma di un messaggio che tocca nel vivo comunità che oggi sono chiamate a fare i conti con la loro storia, le loro fragilità e le loro possibilità di rinnovamento.
La vita comune come forza e testimonianza
Il Papa ha ricordato che la vita comune è «luogo di santificazione e fonte di ispirazione». Una frase che, per i Francescani dell’Immacolata, assume un significato tutto particolare: nati negli anni Novanta sulle orme di san Francesco e san Massimiliano Kolbe, essi hanno vissuto negli ultimi anni tensioni, divisioni e anche dolorose lacerazioni interne. Riscoprire che «l’energia dello Spirito che è in uno passa contemporaneamente a tutti» significa tornare all’essenziale: la fraternità non è un accessorio, ma il cuore del carisma. Senza di essa, anche il più ardente zelo missionario perde credibilità.
L’obbedienza come atto d’amore
Il secondo pilastro del discorso di Leone XIV è forse quello più scomodo per il nostro tempo: l’obbedienza. Il Papa ha citato sant’Agostino per ricordare che non c’è vera carità senza obbedienza, perché «l’obbedienza è figlia della carità». Per i Francescani dell’Immacolata questo è un punto decisivo. La crisi che li ha attraversati è nata anche da un’interpretazione deformata dell’obbedienza: non come atto di amore libero, ma come sottomissione cieca a una figura carismatica, fino a trasformare un dono in un pericolo. Leone XIV, invece, restituisce l’obbedienza al suo senso evangelico: libertà che nasce dall’amore, capacità di rinunciare al proprio ego per il bene dei fratelli. È questa la via che può restituire all’Istituto serenità, unità e credibilità ecclesiale.
Leggere i segni dei tempi senza nostalgie
Il Papa ha insistito, infine, sull’attenzione ai segni dei tempi, ammonendo contro la tentazione dell’archeologia spirituale e della nostalgia sterile. È un monito che vale per tutti, ma che suona particolarmente chiaro per i Francescani dell’Immacolata: la fedeltà al carisma non consiste nel replicare forme esteriori del passato, né nell’idealizzare figure umane, ma nel riscoprire l’ispirazione originaria – l’amore a Cristo attraverso Maria – per incarnarla oggi, nei linguaggi e nelle sfide del nostro tempo.
Oggi, più che mai, i segni dei tempi chiedono a questo Istituto di essere missionario, mariano e francescano in modo credibile: nella sobrietà, nella trasparenza, nell’obbedienza ecclesiale, senza derive settarie o nostalgiche.
Una sfida e una promessa
Leone XIV ha voluto incoraggiare, non condannare. Le sue parole sono state insieme ferme e paterne. Ai Francescani dell’Immacolata, come a tutti gli altri istituti, ha consegnato una responsabilità: riscoprire la bellezza della comunione, la libertà dell’obbedienza e il coraggio del discernimento. Se sapranno accogliere questa sfida, il loro futuro non sarà una semplice sopravvivenza, ma una nuova primavera di missione e di santità.




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