C’è un’immagine che, da sola, racconta più di un trattato sul dialogo tra le fedi: la figura di Maria, le mani giunte in preghiera, scolpita nel marmo e posta nel cuore pulsante della metropolitana di Teheran. Non in una chiesa, non in un museo, ma in una stazione sotterranea, tra scale mobili, neon e pendolari.
In un luogo anonimo e quotidiano, dove la città si muove senza alzare lo sguardo, lo sguardo — chiuso ma eloquente — della Madre diventa presenza silenziosa e sorprendente.
Quella stazione ora porta il nome Maryam-e Moghaddas, “Santa Maria”. Un titolo che, nell’Iran della Repubblica islamica, non è un gesto scontato. È un segno, un linguaggio che unisce ciò che troppo spesso il mondo divide.
Maria, ponte tra le fedi
Per i cristiani, Maria è Madre del Signore, donna dell’“eccomi”, icona della misericordia.
Per i musulmani è Maryam, la più pura delle donne, l’unica donna citata per nome nel Corano, l’unica a cui è dedicata un’intera sura.
Figlia immacolata, madre vergine, modello di obbedienza a Dio.
Islam e cristianesimo raramente si incontrano così in profondità come su di lei.
In un’epoca di muri e sospetti, Maria è linguaggio condiviso, terreno sacro che non appartiene a un popolo soltanto. È la donna che unisce: credenti d’Oriente e d’Occidente, cristiani, musulmani, uomini e donne assetati di pace.
Un santuario urbano a trenta metri sotto terr
Chi scende in quella stazione racconta un percorso quasi liturgico.
Scritte di benedizione in persiano, arabo, armeno e inglese: quattro alfabeti, un unico Dio.
Architetture che evocano archi sacri.
Toni celesti che rimandano all’iconografia mariana.
E poi, la sala principale, con una volta luminosa come un cielo stellato.
Da una parte un bassorilievo di Gesù che cammina sulle acque — secondo una narrazione coranica — accostato a versi della poesia persiana, dove fede e cultura si sfiorano.
Di fronte, Maria tra tulipani: fiori che in Iran si offrono alle figure più venerate.
Le palpebre chiuse, come in alcune antiche icone:
non per sottrarsi allo sguardo, ma per innamorare il cuore prima degli occhi.
Il significato spirituale: Dio entra nei nostri tragitti
È suggestivo che questo avvenga non in una basilica, ma in una metropolitana.
Là dove corrono ansie, ritardi, vite frenetiche, Maria entra come sospensione.
Un invito alla pace nel cuore di una città complessa, in una regione attraversata da tensioni religiose e politiche.
Un segno che dice: Dio non abita solo i santuari, ma viene incontro nei luoghi della vita quotidiana, persino nel rumore e nel cemento.
Come se Teheran ricordasse al mondo che il sacro non teme la terra, e la grazia può posarsi perfino su un binario.
Un gesto fragile, ma reale
In Iran non c’è piena libertà religiosa; i cristiani vivono spesso nel margine, pur essendo rispettati come “gente del Libro”. Per questo l’evento non è un traguardo politico, ma un seme piantato nel terreno dell’incontro.
Un piccolo segno, certo. Ma i segni — quelli veri — non gridano: maturano in silenzio.
In quell’immagine, la fede si insinua tra i passi affrettati, la pace si insinua tra i pensieri, e Maria torna a essere ciò che è sempre stata:
ponte, casa, madre di chi spera.
Una lezione per tutti
In un tempo in cui troppi alzano i toni e armano le parole, questo bassorilievo sotterraneo parla con la voce di Maria:
non divide, non impone. Propone. Apre. Raccoglie.
In Oriente e in Occidente, Maria ricorda che le religioni non sono bandiere da usare contro l’altro, ma porte da aprire insieme.
Là dove gli Stati litigano, una Madre mostra la via della pace.
Senza proclami. Senza rumore.
Come a Nazaret, tutto comincia ancora una volta nel silenzio.




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